Nel 1862 con l’annessione al regno d’Italia Vittorio Emanuele inviò le migliori batterie a Moncalieri, dove però a causa dell’incuria e al clima inadeguato si estinsero. Per la prima volta le batterie di aceto balsamico erano divenute il bottino di un re.
L’importanza del Tradizionale fu tale che dal diciannovesimo secolo consuetudine volle che le doti delle giovani spose reggiane venissero corredate da vaselli di aceto balsamico e da piccole botticelle per il suo affinamento negli anni. Un valore già allora ritenuto inestimabile, in grado di dare un importante imprinting a tutta la cultura reggiana. Oggi questa cultura viene tutelata da un ente denominato Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia. Tale consorzio certifica la qualità di un prodotto che affina per un tempo mai inferiore ai 12 anni e, sulla base delle caratteristiche organolettiche, conferisce allo stesso un sigillo di qualità, distinto tra bollino Aragosta, Argento e Oro. Una procedura molto rigida che impone persino che l’imbottigliamento debba avvenire in presenza del Consorzio che, a tappatura e laccatura avvenuta, consegna al produttore le ampolline numerate e tracciabili, dotate del bollino che, sulla base della propria qualità, hanno guadagnato.
In questo modo, l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia è in grado di esaltare nel migliore dei modi i prodotti gastronomici emiliani, ma non solo. Un’eccellenza che oggi ci viene riconosciuta dal mondo intero e che fa del capoluogo emiliano un polo del gusto assolutamente autorevole nel mondo.
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